Storia
BORGO SAGRILOT
Uomini e storie del borgo e della Val Martina
Dai racconti di parenti e conoscenti abbiamo ricostruito gli abitanti fino a fine ottocento inizio novecento, per quanto riguarda le abitazioni a valle sono state abitate da Giovanni soprannominato “Nani” Barisela e sua moglie Giacomina fino agli anni di fine 1940, dopo tale data ha lavorato il borgo Siro Scopel non risiedendo nel borgo, abitando poco lontano in località detta “Dai Scopei”, poi dal 1948 venne ad abitare Scopel Albino con la moglie Rech Clementina fino agli anni 60. Le case poi sono state abbandonate per venire acquistate e ristrutturate dall’attuale proprietario Alfonso Scopel negli anni ottanta.
I due edifici a monte di cui la struttura principale ristrutturata con questo progetto, sono stati abitati da Giovanni detto “Nani” Gnuet e sua moglie Elisabetta (Betta) ai primi del ‘900, poi da Angelo Scariot e Ferro Alma e in seguito fino al 1994 dal figlio Marcello Scariot, la casa è stata poi disabitata fino al 2015 quando è stata acquistata dagli attuali proprietari Zuccolotto Francesco e Debora Scopel.
Angela Dal Zotto e il marito Sisto Costa anni 1920 circa
Angela Dal Zotto
Albino, Alfonso e Raffaella Scopel a Borgo Sagrilot anni 1960 circa
Alfonso e Raffaella Scopel e Marcello Scariot
Borgo Sagrilot, come tutta la valle di Seren, è stato coinvolto nelle vicissitudini della Grande Guerra, gli abitanti del borgo, come tutta la popolazione civile della valle, furono obbligati ad andarsene dalle proprie abitazioni nell’autunno del 1917. A seguito, infatti, della ritirata italiana di Caporetto (ottobre-novembre 1917) il fronte bellico si spostò sul Piave e sul Monte Grappa rendendo la Valle di Seren zona di operazioni militari ad alta intensità e di continui e massicci bombardamenti e combattimenti. La valle essendo una zona immediatamente retrostante (per il fronte austro-ungarico) o direttamente interessata dagli scontri (sul versante italiano) fu soggetta a bombardamenti di artiglieria pesante. Date, inoltre le sue sorgenti d’acqua, ebbe un ruolo strategico nel rifornire le truppe sul massiccio. Si racconta che i militari tedeschi, fossero passati casa per casa ad avvisare le persone di lasciare le proprie dimore in quanto sarebbero avvenuti a breve intensi scontri. Tutti gli abitanti furono costretti ad emigrare, prendendo con se solo poche cose, (già non ne avevano molte) e qualche animale, diventati profughi, chi trovò rifugio a Seren, chi alle Montegge, chi abbandonò la valle senza più farvi ritorno, è il caso della nonna di Francesco Zuccolotto, Angela Dal Zotto emigrata da Col dei Pez a Villapiana di Lentiai e li rimasta, ha narrato ai familiari che una mattina si presentò un ufficiale tedesco davanti alla sua porta dicendo a lei e ai suoi familiari di lasciare immediatamente il luogo perché sarebbero seguiti a breve intensi bombardamenti.
Per ulteriori approfondimenti si invita a visitare il Museo fotografico della Grande Guerra a Seren del Grappa che documenta, attraverso immagini dell’esercito austro-ungarico e italiano, l’impatto devastante del conflitto sulla zona.
I bombardamenti lasciarono segni evidenti nel paesaggio, come crateri di scoppio e resti di trinceramenti, si racconta che una bomba arrivò sul prato del borgo ma fortunatamente rimase inesplosa. Quelli che, appena le condizioni lo permisero, fecero ritorno trovarono la propria casa chi senza tetto, chi senza pareti, chi con danni importanti, molte case e infrastrutture della valle furono danneggiate o distrutte durante il conflitto. Una testimonianza riporta che la famiglia di Giovanni Scopel riparata durante l’esilio in località Montegge, quando ritornarono alla loro casa al Col de Guiel la trovarono col tetto gravemente danneggiato, in fondo al prato vi era però l’accampamento del reggimento tedesco ormai abbandonato con locali da campo ed abitarono lì per qualche mese finchè la loro abitazione non fu di nuovo agibile.
La presenza di residuati bellici inesplosi è ancora una realtà, a testimonianza dell’intensità dei bombardamenti subiti; per anni la gente della valle trovò nei prati e nei boschi bombe, munizioni, divise e oggetti appartenenti ai soldati e alle operazioni belliche, alcune delle bombe inesplose, attirando l’attenzione dei più giovani portarono anche a tragiche esplosioni che procurarono ferite e in alcuni casi anche la morte dei malcapitati.
A borgo Sagrilot si narra che avvenne anche un episodio tragico di scontro tra esercito tedesco in ritirata durante la seconda guerra mondiale e partigiani, che vide l’uccisione del partigiano Salvatore De Boni la cui lapide alla memoria si trova nel fondovalle in località Al Cristo. Tra le case del borgo vi era una postazione tedesca che controllava il territorio, si racconta che quella notte tre partigiani stessero scendendo dal “Forcellet”, due di loro scelsero di continuare per la mulattiera che seguiva l’allora linea elettrica dell’alta tensione mentre Salvatore decise di scendere verso borgo Sagrilot. Poiché, riporta il racconto, i suoi passi facevano rumore sulle foglie secche, decise di togliersi le scarpe ma il comando di tedeschi appostati vicino la stalla lo senti ugualmente, accese le luci e diedero il via alla mitragliatrice appostata sul colle sopra le case. La scarica di proiettili spezzò il silenzio della notte. Le testimonianze riportano che il corpo esanime cadde dal sentiero e si fermo sul prato accanto ad un albero di mele che ne fermo la corsa. Gli abitanti del borgo non poterono intervenire subito in quanto c’era il coprifuoco, la mattina seguente cercarono di riparare il corpo meglio possibile fino all’arrivo dei familiari, si dovette aspettare la ritirata delle truppe tedesche però per farlo.